Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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STORIE ALLEGRE

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Collodi, Carlo 33 occorrenze

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, voltandosi verso Arnolfo, gli domandò: "Mi dici perché te la prendi sempre con me?". "Io me la prendo con te? Neanche per sogno. Eppoi, anche se me la

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, e poi la volli impagliare ... ossia, riempire da me: ma non lo dico per vantazione, l'è impagliata così bene, che c'è da scambiarla per una volpe

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fratelli: quanti quattrini avete?" "Nemmen'uno." "Allora il più ricco di tutti sono io ... " "O tu quanto hai?" "A me", rispose Pipì, "mi mancano

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dell'occhiatacce ai suoi compagni, come dire: "Quando saremo fuori di qui, faremo i conti e me la pagherete! ... ". "Dunque, si può sapere che cos'è

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ingiustamente, e tenne fra sé e sé questo curioso ragionamento: "Tutti mi sgridano ... tutti l'hanno con me! ... E la ragione? Alla fin de' conti, io faccio quel

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scolari dovessero studiare! ... " "Pretensioni ridicole! Se viene a dirlo a me, non dubitare che lo servo io." "Dovresti andare a trovarlo!" "Vi anderò

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per lodevole prova fatta nelle lezioni giornaliere. Una volta, me lo rammento sempre, il posto d' Imperatore dei Romani , toccò anche a me: ma fu una

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, tenterei davvero la fortuna! Chi mi dice che la mascherata inventata da me non riuscisse la più bella di tutte? ... Per inventare una mascherata non ci

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dicessero a lui. "Su, via, finiscila di fare il sordo e rispondi: buon giorno, Pulcinella." E Pulcinella, duro! "Se non vuoi parlare con me, guardami

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, voialtri, della volpe?" "Noi, sì: dopo che abbiamo visto quelle povere galline sbranate e poi lasciate per i campi ... " "A me poi", disse Leoncino, "la

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sarò di leva ... " "Come fai a saperlo?" "Chi può saperlo meglio di me? Gli anni sono miei, e nessuno me li può levare." Fatto sta che Gigino, mentre

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pantano, non aveva più in piedi gli stivaletti. Gli stivaletti erano rimasti seppelliti un metro sotto terra. "Pazienza!", disse ridendo. "Me ne

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d'esempio a' tuoi compagni. E questa macchia, che hai qui sul davanti della camicia, come mai te la sei fatta?". "Me la son fatta stamani, nel leccare

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, ma a me i ragazzi vestiti da ominini grandi mi somigliano tante maschere fuori di carnevale ... " La mattina dopo (era per l'appunto giovedì, giorno

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che Augusto mi ha regalato uno de' suoi goletti da collo: ma per me è troppo grande ... e vorrei che tu mi facessi il piacere di ristringerlo." "E un

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? E' voglion dire che le tragedie me le sono sognate!... Non è vero che l'anno passato mi conducevi quasi tutte le sere ai burattini nel Parterre

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strada?" "Allora vuol dire che l'avrò lasciata a casa. Sono partito con tanta fretta, che non ho avuto il tempo di vedere se avevo preso con me tutto

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chiarore del lumino da notte, vide affacciata al soffitto della sua camera la minacciosa ghigna del terribile capo-masnada. "Che cosa volete da me

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canzonatorio, che pareva volesse dire:" Caro il mi' ghiottone! Ho bell'e capito qual è il tuo debole: lascia fare a me, che ti domerò io!". Quando fu l'ora

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cos'è il fioretto?" "Te lo spiegherò un'altra volta. Ora allunga il braccio destro, e facendo un passo in avanti, muoviti verso di me, come se tu volessi

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!". "Me ne vado subito", replicò il capo-masnada, "e la cena ve la pagherò al mio ritorno." "Padron mio riveritissimo! Buon viaggio e scarpe larghe

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strisciato due profondi inchini, disse rispettosamente al nuovo imperatore: "Maestà, su, da bravo! Ora tocca a voi". "Tocca a me? E che cosa debbo fare

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giù dalla zuppiera e vieni a sederti accanto a me. Ceneremo insieme. Moccolino! Porta subito in tavola un piatto di pesche e un piatto di ciliegie per

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collo ritto, teneva i suoi occhi fissi in quelli dello scimmiottino. "Che cosa vuoi da me?", gli domandò Pipì, facendosi un coraggio da leone. "Vengo a

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scampo per me! ... Oh me disgraziato! Che bestia sarà mai quella che mi porta via con tanta foga? ... " Per buona fortuna, la bestia ragliò ... e allora

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matricolata... un vero malanno." "Pur troppo! Figuratevi che io gli avevo fatto un monte di carezze e l'avevo perfino tenuto a cena con me, alla mia tavola

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", rispose un altro. "Della testa me ne importerebbe poco", soggiunse Arnolfo ma il male gli è che ci sarebbe da strapparsi i calzoni, e per l'appunto

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guardaboschi, "come me l'hanno conciata questa povera bestia! ... Se sapessi chi s'è preso il divertimento di bastonarla a questo modo, pover'a lui

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! Vogliamo il sole a ogni costo, e lo vogliamo subito!" "Confidate in me!", soggiunse Pipì. "Appena la pioggia cesserà e il tempo si rimetterà al buono, io

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sigaro non gli guasta l'appetito?" "Guastarmi l'appetito? a me? Per tua regola ho una salute di bronzo, e quando ho fumato un mazzo di sigari, sto

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il topo. "Perché non può uscire?" "Perché il sacco è così duro, che non c'è verso di romperlo." "Lascia fare a me, che con un cozzo delle mie corna

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, Pierino, a che cosa pensi?" "Per me, se si deve andare, andiamo: ma il core mi dice che questi sotterfugi ci porteranno disgrazia. Se la mamma, nel tempo

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indivisibile di Cecco. Una volta, fra le altre, gli domandò: "Che cosa si potrebbe fare per divertirsi un poco?" "Senta, sor Gigino, vuol dar retta a me? Io

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